Chi non sa fare insegna. E chi sa fare, sa insegnare?

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Da formatore professionista – avendo fatto questa scelta ormai da sette anni – leggo sempre con dispiacere e preoccupazione il commento, che spesso si ascolta e si legge, per il quale “chi non sa fare, insegna”.

Lo leggo con dispiacere e preoccupazione perché è evidente che chi lo pensa ha avuto a che fare con corsi di formazione in cui non sono emerse la professionalità del docente e l’applicazione di un metodo specifico di trasmissione dei contenuti e condivisione delle esperienze che è il metodo tipico della “formazione degli adulti”.

Gli adulti infatti non sono bambini, “tabulae rasae” disponibili a ricevere passivamente informazioni, ma apprendono in modo opportunistico e selettivo, filtrando i messaggi ricevuti sulla base delle esperienze vissute e delle forme in cui tale vissuto si è sedimentato nel corso degli anni, dei successi, dei fallimenti, delle osservazioni dirette e indirette che si sono fatte della realtà. Proprio per questo motivo, un metodo formativo pensato per gli adulti non può limitarsi a presentare testimonianze di casi aziendali, ma deve inserirli all’interno di più modalità di veicolazione dei messaggi:

– la creazione un clima accogliente e capace di favorire il dubbio, la domanda, la condivisione di punti di vista ed esperienze differenti. Le persone infatti non ricorderanno il corso per ciò che avranno sentito dire dal docente, ma per come, in quelle ore, si saranno sentite accolte;

– la predisposizione di momenti di sorpresa e di scoperta del cosiddetto “buco cognitivo”, utile per preparare la disponibilità al cambiamento. Il “buco cognitivo”, concetto sul quale Piero Angela ha costruito una carriera, si fonda su una domanda improvvisa di cui le persone ritengono di conoscere la risposta, ma la cui spiegazione richiede un approfondimento che induce ad adottare uno sguardo più ampio e talvolta laterale ai problemi e per questo invita al cambiamento;

– l’alternanza fra esempi pratici, se possibile personali, e passaggi di carattere teorico o, se la sessione formativa non è di carattere accademico, veri e propri “pit-stop” in cui fare un passo indietro rispetto all’esperienza concreta e, grazie agli insegnamenti appresi, farne due avanti perché possano essere riportati nel vissuto di ciascun partecipante attraverso idee utili: spunti da mettere in pratica domani, modelli da applicare nel corso tempo e cattive abitudini da dismettere;

– l’organizzazione di un ambiente adeguato sia dal punto di vista materiale (audio, video, presentazioni, …) che dal punto di vista della voce grazie all’applicazione professionale delle tecniche di public speaking e ad una regia che sappia svilppare il climax giusto per favorire l’attenzione;

– lo sviluppo del corso in cui sono essenziali i primi minuti per trasmettere l’idea che si apprenderà, ma si vivrà anche un’occasione sociale piacevole e molto importanti i successivi blocchi che dovranno concentrarsi ciascuno in un singolo messaggio grazie all’alternarsi fra la dimensione didattica e la dimensione emotiva. Gli oratori antichi insegnavano quanto occorresse “movere, delectare, flectere” ovvero creare empatia, offrire momenti di diletto, predisporre al cambiamento;

Lo confesso: quando mi sono occupato per quasi sette anni di un comparatore di prezzo avrei potuto raccontare per ore le tecnicalità dell’indicizzazione delle schede prodotto inviate dai siti e-commerce e forse dare qualche evidenza su ciò che gli Italiani cercavano online, ma vi posso assicurare che non avrei saputo organizzare un corso di formazione dosando gli ingredienti che vi ho detto. Solo studiando e provando ho compreso queste tecniche e provato, giorno dopo giorno, a metterle in pratica e non cè giorno in cui non mi accorga, vedendo gli altri colleghi di The Vortex ed altri professionisti all’opera, quanto debba ancora da imparare e quanto questa sfida sia ben più ardua che la continua necessità di rimanere aggiornati e stare “dentro” al mercato: del resto, ho molte più aziende a che condividono spunti con me oggi di quante ne avessi allora.

L’augurio a tutti è di vivere con interesse e profitto i corsi di formazione di cui avrete bisogno e di parteciparvi non come se foste ad un convegno o ad uno spettacolo, ma come un luogo dove le vostre domande, la vostra disponibilità al confronto e le vostre esperienze saranno tanto importanti per gli altri quanto i contenuti preparati dal formare.