L’arredamento e il design: le due rising star del digital export

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Anche l’oggetto più semplice delle nostre case, come una matita, è un mistero: nessuno di noi saprebbe produrlo da solo. Quante persone sono necessarie infatti per abbattere un albero e ridurlo in asticelle, essiccarle e tinteggiarle e quante per produrre la grafite, per sagomare il metallo, per predisporre la gomma? E se il maggior tempo che abbiamo trascorso quest’anno nelle nostre case ha avuto il pregio di farci apprezzare i luoghi in cui abitiamo o, al contrario, invitarci a rinnovare divani e complementi d’arredo, il commercio elettronico ha rappresentato un canale non trascurabile per le aziende del comparto sia in Italia che all’estero.

 

Secondo il Politecnico di Milano infatti, nel 2020, l’e-commerce del settore casa e arredo è cresciuto del 30% per un valore di 2,3 miliardi di euro e, nelle vendite verso consumatori stranieri, l’home-living è giunto a rappresentare l’8% del totale.

Da ViaDurini a KodiceBagno, da Diotti.com ad Arredatutto.com, sono molte le aziende italiane attive con un sito e-commerce anche per acquirenti stranieri, talvolta – come nel caso di Berto Salotti – in combinazione con la possibilità di recarsi in uno showroom per provare il prodotto.

 

Il sito per un’attività di e-commerce, si sa, però è solo la punta dell’iceberg: la gestione della logistica, la componente legale ed amministrativa, il customer care sono aspetti non solo non trascurabili, ma centrali nella soddisfazione del cliente e quindi nella solidità e nella scalabilità del progetto. Lo sviluppo di un e-commerce proprietario richiede dunque aver superato con successo alcune sfide:

– il conflitto di canale che in molti casi impedisce di lanciare un’attività di vendita online per il timore che questa confligga con la distribuzione tradizionale. Il modello omni-canale non è meno complesso ed è tipicamente applicato da soggetti che hanno negozi di proprietà (è il caso della svedese Ikea);
– la trasformazione del modello di business, da business-to-business a business-to-consumer, con le relative complessità legate al fullfillment (spedizioni unitarie, gestione dei resi e dei guasti, customer care in lingua rivolto all’acquirente finale, attivazione di metodi di pagamento tipiche del mondo consumer, …);
– l’implementazione di soluzioni tecnologiche adeguate a gestire il negozio online allineandolo con i processi di approvvigionamento dei beni e di esecuzione degli ordini;
– la possibilità di portare il sito effettivamente a contatto con il proprio pubblico di riferimento grazie ad una adeguata allocazione di budget di comunicazione e grazie all’uso delle tecniche di marketing digitale.

Questi ultimi passaggi, benchè esternalizzati ad un full service provider, richiedono in ogni caso capacità di regia e di verifica da parte delle imprese.

 

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